Che noia leggere i commenti e le osservazioni (soprattutto di uomini) che per attaccare il femminismo tirano fuori la carta del peccato originale delle donne: quello di essere sempre le prime nemiche di altre donne.
La Storia della maestra d’asilo licenziata dopo aver denunciato un abuso sessuale (ma voi potete anche chiamarlo revenge porn se volete) ha generato una quantità mostruosa di commenti, soprattutto da parti di uomini, che in sostanza riassumono il seguente concetto: è inutile parlare di femminismo, quando le donne, per loro natura, sono le prime nemiche di sé stesse.
Litigiose, giudicanti, aggressive, invidiose e per nulla solidali.
Non c’è rimedio al fatto che le femmine siano così. E nemmeno essere femministe risolve la cosa.
Ma anche se volessimo accettare per buona, una lettura così ostruttiva e superficiale della realtà, dovremmo comunque provare a domandarci con onestà una cosa:
Siamo sicuri di aver capito davvero come funziona il revenge porn e come funzionano i rapporti tra le donne in una società come la nostra, traumatizzata da secoli di abusi nei nostri confronti?
E’ curioso osservare come, nel dibattito pubblico, l’immagine dell’ex ragazzo “sporcaccione e vigliacco” stia lasciando lentamente il posto alle due co-protagoniste della storia: la madre che minaccia la giovane, onde evitare di ritrovarsi una denuncia sulla testa del suo rispettabile marito guardone (e quindi sulla sua famiglia) e la Preside. Il capo supremo, il boss, la donna di poter che pur di “salvare” il proprio istituto da uno scandalo sessu+ale spinge la maestra a presentare le sue dimissioni.
Le due donne non si dimostrano per niente solidali o comprensive. Ma la loro reazione è molto più comune di quanto vogliamo ammettere. Mentre da un lato i negazionisti del maschilismo continuano la loro battaglia per dimostrare che i grandi, enormissimi “diritti” di cui godiamo attualmente sono la dimostrazione che non esiste nessuna questione di genere di cui discutere, storie come questa ci raccontano invece di quanto diventi sempre più difficile, negare che il patriarcato non solo genera uomini violenti, infami, bigotti e manipolatori, ma anche donne violente, infami, bigotte e manipolatrici.
Basta solo che facciate mente locale di cos’è realmente il sessismo.
Immaginate il sistema patriarcale come una fabbrica dislocata in diversi luoghi: la casa, un posto di lavoro, un ospedale, un ristorante, una scuola elementare.
In ognuno di questi posti vengono progettati uomini ma anche donne che in futuro – se non ci saranno le femministe a rompere le palle con i loro continui atti terroristici – potranno essere perfettamente in grado di umiliarsi da sole, di limitare le proprie ambizioni senza che nessuno glielo dica, di riconoscere una tr0ia quando ne vedono una, di punirla pubblicamente, e di insegnare alle ragazze più piccole, come loro figlie e nipoti che seguire la libertà promossa da questo fantomatico femminismo è sbagliato, perché alla fine si finisce sempre male. Isolate, maltrattate da tutti e senza lavoro. Proprio come la maestra d’asilo, che insieme alla sua serenità mentale, perde anche il suo impiego e dunque, la sua indipendenza economica.
Non esistono donne nemiche delle donne.
Non esistono donne nemiche delle donne. Esiste solo il patriarcato come sistema educativo e di valori, che produce donne nemiche di altre donne, ma non di tutte: bensì solo di quelle che col patriarcato non vogliono averci più nulla a che fare.
E la cattiveria, l’invidia, la mancata solidarietà che ho dovuto constatare io stessa sulla mia pelle, altro non erano che le conseguenze di un modo di crescere che ti spinge sempre a questa continua competizione tra chi riesce a tenere le gambe più chiuse, nell’attesa che arrivi quel fatidico giorno in cui un uomo arriverà in sella al suo destriero bianco al fine di accordarti la più grande onoreficenza mai vista: la coppa per la meno z0ccola di tutto il reame.
Prendersela con la “naturale cattiveria femminile” è un modo molto furbo e raffinato di nascondere il fatto che il patriarcato esiste e che il Revenge Porn non è per niente l’atto di un singolo balordo, o di due stronze bizzoche con una mentalità ristretta (altro modo per edulcorare la brutalità di un certo modo di pensare).
Il REVENGE PORN è lo strumento di rieducazione di una donna, preferito dalla collettività. Perchè diciamocelo chiaramente. Quante volte i nostri padri o le nostre madri ci hanno impedito di uscire la sera? Di frequentare ragazzi, o di avere una vita sessuale libera? E secondo voi perché provavano ad esercitare un controllo così serrato su quello che facevamo con la nostra vagina? Di cosa avevano paura, se non della possibilità reale che a furia di stare con i maschi e di fare sesso, noi figlie, avremmo potuto rischiare di perdere la reputazione di ragazze per bene (che di certo non unsano il sesso per divertisi come i maschi) davanti alla comunità, agli amici e ai conoscenti?
Loro lo sapevano. Sapevano che non basta un uomo singolo per distruggere una donna. Ci vuole almeno una società intera di madri, colleghe di lavoro, fratelli, conoscenti, zii, amici in comune, padri, cognate e suoceri, per riuscire a ferire in maniera effettiva la Maddalena di turno, punendola e allo stesso tempo cercando di rieducarla alla “normalità”. Basta ricordare dell’educazione cattolica che tutte noi abbiamo più o meno ricevuto Un tipo di educazione sessuofoba, marcatamente maschilista e parecchio popolare che almeno una volta nella vita ci ha messe nella situazioni di dover condividere una cena o un pranzo di Natale con almeno un parente che senza problemi si divertiva a dire tra una spaghettata e l’altra “io conosco una che è proprio una zocc*la”.
La modalità stessa di diffusione di quel tipo di materiale ero*tico, da cellulare a cellulare, ci parla di un’intera folla che celebra con gli insulti e l’umiliazione pubblica la donna prostituta che si contrappone alla vera donna.
Quella che non si fa violentare con una minigonna. Quella che non cerca di dimostrare che è forte abbandonando la sua “naturale” fragilità e dolcezza. Quella che “certe cose” non le fa perché sa quello che l’aspetta.
Eppure il femminismo è l’unica pratica culturale che potrebbe farci guarire tutti e tutte dal trauma secolare del maschilismo. Ma tanto a noi che ce ne frega. Meglio pensare alla rivalità femminile che ci distrae tutte e tutti, da quel momento in cui dovremo assumere su di noi, la responsabilità di cambiare gli schemi psicologici, culturali e politici di una società che produce in massa stupratori, mariti e fidanzati violenti, famiglie conniventi che negano le violenze domestiche sbandierando l’importanza di tenere una famiglia unita anche se tuo marito ti amm*zza di botte e donne autodistruttive e violente contro sè stesse, che arrivano ad uccidersi, pur di sfuggire all’incubo di vedere la propria sessualità criminalizzata e vilipesa, con la conseguenza ultima di finire nel gradino più basso della scala sociale maschilista. Qullo delle tr+oie che meritano di morire da sole. Senza amore. Senza rispetto. Senza dignità e senza un lavoro.
Io mi rifiuto di credere alla favola della rivalità femminile senza via d’uscita. E mi rifiuto di fingere che sia la mia natura e non la società, a tracciare il calco sociale della donna crudele e bigotta a cui dovrei aderire per essere accettata. Ma non mi rifiuto perchè la mia libertà personale è sacra. E’ una cosa troppo individualista, non fa per me. Mi rifiuto perchè voglio che le altre sopravvivano. Mi rifiuto perchè non voglio più che nessuna si suicidi o si punisca per delle colpe che non ha. E mi rifiuto soprattutto perchè la mia libertà si incrocia e si fortifica solo in quella delle altre.